Certificati bianchi: evoluzione e prospettive

Lo schema dei certificati bianchi

I certificati bianchi, noti anche come titoli di efficienza energetica sono uno strumento per raggiungere obiettivi crescenti di efficienza energetica. Il dispositivo è salito all’attenzione delle cronache di settore negli ultimi anni, in particolare per l’impennata dei prezzi del mercato nel 2018 e per l’ampio contenzioso che si è generato fra proponenti e Gestore dei servizi energetici (GSE). I distributori di elettricità e gas naturale con almeno 50.000 clienti serviti hanno l’obbligo di produrre annualmente un numero di certificati corrispondente al proprio target, calcolato in base all’obbligo annuo fissato dai decreti ministeriali in ragione della quota di vettori energetici da essi distribuita. I certificati, vengono emessi in funzione del risparmio energetico generato dagli interventi realizzati dai distributori obbligati o, più comunemente, da soggetti “volontari”. I soggetti volontari possono vendere i certificati bianchi ai distributori obbligati attraverso un apposito mercato gestito dal Gestore dei mercati energetici (GME). I distributori obbligati sono invece rimborsati sulla base dei certificati bianchi trasmessi al GSE dato che non possono ribaltare sugli utenti finali i costi sostenuti per la partecipazione allo schema. Lo schema dei certificati bianchi italiano è caratterizzato dagli obiettivi di risparmio energetico crescenti annualmente, dalla progettazione di un sistema di mercato flessibile grazie alla presenza di soggetti volontari che possono vendere i certificati bianchi ai soggetti obbligati, dalla possibilità e opportunità di includere tutti i settori e un elevato numero di misure di efficienza energetica, dalla promozione delle aziende di servizi energetici (ESCO).Dato che lo schema dei certificati bianchi italiano è tra i più longevi al mondo è interessante illustrare come esso sia stato perfezionato ed è evoluto nel tempo considerando le principali fasi. In particolare, l’incremento dei prezzi nel 2018 ha spinto il Ministero dello sviluppo economico a intervenire con regole pensate per calmierare il prezzo dei certificati bianchi ed evitare una crescita eccessiva del costo dello schema. In questo modo si è scongiurato l’aumento degli oneri, ma si è sacrificato il mercato. Il contenzioso è invece seguito al costante tentativo di rendere lo schema sempre più rigoroso e preciso, sottovalutando la complessità del calcolo dei risparmi energetici e la valutazione di concetti come l’addizionalità, ossia il premiare solo gli interventi che non si sarebbero realizzati in uno scenario business as usual.

Ne è derivato un dibattito sull’efficacia e sull’effettiva sostenibilità economica dello schema, che è stato messo in discussione. È utile dunque analizzare gli elementi che hanno influenzato positivamente e negativamente lo schema tutt’ora ritenuto virtuoso.

Le principali fasi dello schema dei certificati bianchi

Periodo 2005-2007

La prima fase è stata caratterizzata da ottime prestazioni in termini di offerta e di prezzi dei certificati bianchi. I certificati bianchi sono stati emessi solo per risparmi addizionali e rilasciati attraverso tre diverse procedure: progetti standard caratterizzate dal risparmio stimato, in cui i risparmi sono stati calcolati in base alle unità installate, progetti analitici caratterizzati dal risparmio misurato e i progetti a consuntivo che era limitato, principalmente a causa della complessità dell’approccio rispetto ai precedenti schemi di incentivi. I progetti standard hanno avuto molto successo, tuttavia hanno introdotto due sfide: la prima rispetto al risparmio effettivo, poiché le lampade e i dispositivi di riduzione del flusso forniti gratuitamente alle persone non erano necessariamente installati, la seconda per il rapido cambiamento delle condizioni di mercato per le soluzioni di successo, con il relativo impatto sull’addizionalità.

Periodo 2008-2011

La seconda fase è successiva al Decreto Ministeriale 21 dicembre 2007 ed è caratterizzata dall’aumento degli obiettivi di risparmio energetico, dall’aumento dei soggetti obbligati, dall’introduzione di un fattore volto a far aumentare automaticamente gli obiettivi all’anno successivo se i certificati bianchi  disponibili superano di oltre il 5% gli obiettivi aggiornati per l’anno, dalla clausola di flessibilità modificata aumentando il numero minimo di certificati dal 50% al 60% di ciascun obiettivo annuale del distributore, dalla possibilità per le società con un energy manager di  diventare soggetti volontari nel meccanismo. Le modifiche generarono effetti benefici, incluso l’aumento del prezzo di mercato dei certificati bianchi. Inoltre, i risparmi generati nel 2008 aumentarono significativamente nel 2008 e nel 2009 rispetto al 2007. Nonostante questi sviluppi incoraggianti, un importante cambiamento ha prodotto un blocco della crescita dei risparmi energetici nel 2010. Ciò è stato il risultato di due ulteriori effetti: la riduzione dei risparmi generati dai nuovi progetti presentati in quell’anno e la fine della vita utile per i progetti presentati nel 2005/2006 che corrispondeva al termine dei cinque anni in cui spettano i certificati bianchi. Ciò ha rappresentato un punto di svolta per lo schema, dal momento che i risparmi energetici annuali si sono bloccati nel 2010 e da allora la tendenza è stata in leggero calo. Ciò ha anche spinto ARERA a rivoluzionare le linee guida operative.

Periodo 2011-2012

Nel 2011 per rendere lo schema più attraente, l’autorità ha introdotto il così-detto coefficiente tau, che ha aggiunto al risparmio annuale riconosciuto per ciascun progetto i risparmi futuri relativi al periodo compreso tra la fine della validità dei certificati bianchi e la fine della vita tecnica dei progetti. Mediamente, i progetti hanno ottenuto il triplo dei certificati bianchi precedentemente accordati nei cinque anni di durata. Il risultato è stata la ricercata crescita di interesse nel meccanismo, ma con alcuni effetti negativi derivanti dal disaccoppiamento tra certificati bianchi emessi e risparmi generati rendendo più difficile comprendere le reali prestazioni dei certificati bianchi. Il coefficiente tau ha reso più interessanti gli interventi relativi a progetti standard ma ha comportato un eccesso di rendimento economico per alcuni progetti. L’introduzione del coefficiente tau ha portato nuovamente l’offerta di certificati in linea con gli obiettivi e bloccato il relativo aumento degli obiettivi aggiornati, favorendo così una riduzione dei prezzi nel 2012, ma non ha avuto un effetto positivo sui risparmi energetici.

Periodo 2013-2016

Il Decreto Ministeriale 28 dicembre 2012 introdusse delle novità volte a rendere lo schema più efficiente; nuovi obiettivi riferiti al periodo per tenere conto del coefficiente tau, impossibilità di presentare progetti dopo la loro attuazione, gestione dello schema affidato al Gestore del settore energetico (GSE) mentre l’autorità ha mantenuto il ruolo di determinare il contributo tariffario e la funzione sanzionatoria. La riduzione degli obiettivi, ha inizialmente  permesso di recuperare parte del gap accumulato anche se parzialmente. Vi era infatti carenza di certificati bianchi come si evince dalla decisione di consentire solo l’ammissibilità dei progetti ancora da realizzare e dalla decisione del GSE di limitare l’effetto del coefficiente tau sull’eccesso di incentivazione nei progetti industriali. Gli effetti congiunti di quanto sopra menzionato sono stati un calo dei certificati emessi nel 2014 e 2015, solo parzialmente recuperati nel 2016 grazie a un nuovo aumento dei progetti standardizzati.

Periodo 2017- 2018

Il Decreto Ministeriale 11 gennaio 2017 ha introdotto una ulteriore riprogettazione dello schema: obiettivi, baseline e addizionalità, procedure di valutazione e misurazione, verifica e controllo.

Per quanto riguarda i metodi per il calcolo del risparmio energetico, il decreto ha modificato i progetti standard ed eliminato quelli analitici. Pertanto, i due metodi attualmente esistenti sono: progetti standard con misura campionaria, utilizzati quando il progetto è realizzato da interventi omogenei in contesti e condizioni operative simili e l’installazione di contatori su tutte le strutture non è economicamente fattibile e progetti di piani di monitoraggio che rimangono simili al passato, ma con requisiti aggiuntivi per l’identificazione della baseline del consumo. Il decreto ha eliminato il coefficiente tau, per risolvere il problema menzionato in precedenza, e aumentato la durata di certificati bianchi per la maggior parte dei progetti. Inoltre, il decreto ha definito l’offerta media di mercato, che rappresenta l’applicazione delle nuove tecnologie disponibili sul mercato per fornire il servizio fornito dal progetto valutato, come base per l’addizionalità. La crescente incertezza sulla possibilità di coprire gli obiettivi negli anni a venire ha spinto verso l’alto il prezzo dei certificati. Si può notare dai dati di questo periodo che la progettazione del mercato dei certificati bianchi era instabile. L’offerta è diventata anelastica poiché con le nuove regole dal momento in cui il progetto è stato sviluppato al rilascio di certificati passa almeno un anno e mezzo, mentre i precedenti progetti standardizzati potevano consentire di agire in tempi rapidi. Inoltre, il criterio per determinare il contributo tariffario si traduce in distributori che acquistano certificati in ogni sessione di mercato per avere un costo di acquisto ponderato in linea con i prezzi medi ponderati e quindi con il contributo tariffario stesso, una strategia di domanda che incoraggia l’aumento dei prezzi. Inoltre, a causa della vita utile dei certificati bianchi, l’aumento del prezzo avvantaggia i nuovi progetti, ma anche quelli esistenti, che non ne avrebbero bisogno, poiché in precedenza venivano presentati con prezzi più bassi. In un sistema di mercato fluido ed elastico ciò non avrebbe causato particolari inconvenienti, ma nella situazione attuale ha comportato un costo elevato per il sistema.

Periodo 2018-2021

Sulla base dei suddetti problemi, il Decreto Ministeriale 10 maggio 2018 ha introdotto un’altra rivoluzione, occupandosi sia del lato dell’offerta sia della domanda. Per il primo aspetto, lo scopo era aumentare il numero di certificati disponibili attraverso le seguenti azioni: abolizione della addizionalità per progetti legati al miglioramento delle strutture esistenti, introduzione di nuovi progetti ammissibili, precisazione delle condizioni di cumulabilità dei certificati bianchi con altre misure. L’eliminazione dell’addizionalità per il miglioramento delle strutture esistenti è un tentativo di superare uno dei principali problemi relativi ai progetti a consuntivo, in particolare nel settore industriale.

Ultime modifiche

l Decreto 21 Maggio 2021 prevede di rilanciare lo schema dei certificati bianchi e regolamentare i nuovi obblighi di efficienza energetica fino al 2024. Il decreto contiene numerose novità oltre ai nuovi obiettivi di risparmio energetico.

  • Possibilità per i raggruppamenti temporanei di impresa e le associazioni temporanee di impresa di poter partecipare allo schema.
  • Introduzione di un nuovo sistema di incentivazione dei risparmi tramite aste al ribasso alle quali possono accedere i soggetti che sostengono l’investimento per la realizzazione del progetto di efficienza energetica.
  • cumulabilità con crediti di imposta per i progetti presentati dal 1° gennaio 2020, percependo il 50% dei certificati bianchi.
  • Ampliamento delle tipologie e interventi ammissibili, distinti per settore e forma di energia risparmiata;
  • Introduzione di strumenti di flessibilità, con possibilità di bilanciamento annuale domanda/offerta
  • Introduzione di meccanismi in grado di intercettare tecnologie innovative capital intensive che richiedono incentivi più forti per essere incentivate (Aste)

Considerazioni

Lo schema certificati bianchi ha funzionato in tutti i settori, generando il 62% dei risparmi nell’industria.

Negli ultimi anni sono emerse molte criticità, dovute a regole più complesse, frodi, regole del mercato dei certificati bianchi e meccanismi di recupero dei costi. Norme più severe sull’addizionalità e la grande quantità di dati richiesti per i progetti, non confrontabili con altri sistemi in Italia, hanno limitato i progetti ammissibili e i risparmi generabili, con una logica non sempre legata agli obiettivi stabiliti. L’elevato numero di proposte respinte negli ultimi anni è anche indicativo di regole poco chiare, che richiederebbero ulteriori discussioni preliminari e un maggiore supporto informativo e formativo per gli operatori. Tra le conseguenze dei problemi emersi negli ultimi anni c’è anche un alto contenzioso amministrativo.

In ogni caso, a parte alcune scelte progettuali migliorative, uno dei problemi principali è stata la definizione degli obiettivi. Molte questioni sono legate a obiettivi definiti in modo troppo ottimistico, probabilmente a causa della difficoltà di prevedere gli effetti del mix di modifiche che ogni decreto ha prodotto e anche di eventi imprevisti (ad esempio l’entità delle frodi scoperte nel 2017).

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